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giovedì 24 luglio 2014

Sempre più alcolizzati tra i giovani italiani.

  
  



E’ difficile pensare che ragazzini nativi digitali, e quindi appena adolescenti, abbiano modelli di trasgressione da vecchi avvinazzati d’osteria. Eppure chi ha figli di questa generazione sa bene che lo sballo etilico è in voga più che mai.  
Difficile accettare  come possibile che i figli dei social network considerino un necessario rituale per essere accettati dal gruppo la spregiudicatezza nel bere super alcolici d’ antàn, tanto per prendersi una ciucca memorabile e renderla un atto epico a furia di selfie, o foto taggate per veloci condivisioni tra amici.  
Pensavamo che l' ubriacone di paese non fosse un modello vincente, ma sembra che  il recupero delle estetiche vintage possa tranquillamente passare dai filtri digitali d’ Instagram alle vecchie marche di liquori che pensavamo defunti.  
Mi sono fatto dare da un barman la lista degli “shortini” più in voga tra i giovanissimi che frequentano il suo locale, mi è sembrato di veder riaffiorare quelle bottiglie che credevo estinte nei miei ricordi dei banconi di vecchi bar di provincia di almeno quarant’ anni fa, quando di prima mattina si vedevano signori dal naso rosso tracannare Fernet, Rum Fantasia, Sambuca, Caffè Sport, Cognac nostrani dei tempi di Carosello, Centerbe e amari vari,  che da decenni non venivano venivano più  mesciuti dalle immarcescibili bottiglie che s' impolveravano dietro alla macchina dell’espresso.  
Oggi come rituale di gruppo questi beveroni si mandano giù in sequenza veloce, in tanti bicchierini da tracannare uno in fila all’altro, come fosse la detestabile passatella dei tempi della naja. Il diciottenne con carta d’identità alla mano provvede per tutti, ma di solito c’è una ressa al bancone che scoraggia ogni controllo.  
 Il ministro Lorenzin ha dichiarato di essere seriamente preoccupata, ritenendo di dover indire una battaglia alla  cultura dell’happy hour, soprattutto per tutelare i minorenni a cui gli esercenti non dovrebbero vendere alcolici. Chi non ha raccolto tra genitori la storia di madri e padri che, nel cuore della notte, sono costretti a correre in soccorso del pargolo liceale, che qualcuno ha lasciato appoggiato in qualche angolo della città in coma etilico.  
Evidentemente questo dato ricorrente è arrivato al Ministro della salute che ora pensa a una campagna culturale,  tenterà l' arduo compito di convincere i minori che l’alcol è una droga a tutti gli effetti, e non ci si scherza. Per antico istinto anti proibizionista, almeno in campo etilico, saremo tutti portati a sottovalutare il problema, ma purtroppo oggi più che mai il super alcolico è entrato tra i consumi sociali abituali dei giovanissimi. Il rapporto dell'Oms appena pubblicato a Ginevra parla di 3,3 milioni di morti nel 2012 per consumo di alcol.  
E’ evidente che non siamo abituati a percepire come pericoloso quello che anche noi adulti vediamo come fluidificatore di socialità. Scorro su Facebook le foto di tanti miei amici e amiche (oltre alle mie dello stesso genere). L’ostentazione del bicchiere è un classico tema di foto per uno status, che inconsapevolmente vorrebbe suscitare ammirazione e prestigio.  
Quante signore si abbracciano garrule alla bottiglia per aggiungere un like alla loro autostima. Quanti brizzolati provoloni assumono cipiglio venato di spleen, mentre si accostano al viso il mojito cespuglioso, per darsi quell’aria maudit e per farlo entrare ben bene nell’ inquadratura del loro smartphone.  
Difficile poi scandalizzarsi per i ragazzini che fanno la gara della video ciucca con il perverso drinking game del NekNominate, la social condivisione dei primi tentativi per una cirrosi.   
Non molto tempo fa ero in metropolitana a metà mattina, avevo di fronte un gruppo di ragazzine che al massimo avranno fatto la terza media, ma quel giorno di sicuro non erano andate a scuola. Una di loro era completamente sballata e stava accucciata tra i sedili pieni di zainetti e piumini colorati. Le amiche ridevano e la fotografano. A un certo punto la bimba strafatta ha vomitato per terra una quantità industriale di vino rosso, innaffiando chiunque avesse accanto.  
Sembrava una scena che di solito ha per protagonista qualche clochard in un angolo di stazione. Invece era una ragazzina di ottima famiglia, coperta di ogni marchio possibile dalle scarpe all'ombretto.  
Alla prima fermata le bimbe si sono volatilizzate, lasciando nello scompartimento quel mar rosso di vino in cartone da supermarket. Era la dimostrazione che  volevano darci, di non essere da meno dei più incalliti avventori da mescita low cost. 

Gianluca Nicoletti, Quei ragazzini che bevono come i vecchi ubriaconi di paese, "La Stampa. 12-05-14. 
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Sotto, una serie di video sul fenomeno:






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