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mercoledì 31 dicembre 2014

OCSE: l'Italia spende poco e male per l'istruzione.

A fine anno è ora di bilanci e ringraziamenti. L’Italia è scesa all’ultimo posto in Europa per percentuale di laureati, è penultima per spesa per l’università in rapporto al PIL ed anche ultima nell’OCSE per spesa pubblica destinata all’istruzione. Sono traguardi che non si raggiungono in un giorno, ma che sono il frutto di politiche mirate e perseveranti. In questi ultimi anni, la via ci è stata indicata, giorno dopo giorno, da una piccola schiera di editorialisti, giornalisti, economisti, opinionisti, politici e manager. Sono i maître à penser de noantri, di cui offriamo una breve antologia. A loro si addice la frase di Churchill:
«Mai così tanto fu dovuto da tanti a così pochi»

lunedì 15 dicembre 2014

Sopravviverà la scuola italiana fino al 2024 ? 2.

A scuola si passa gran parte della giornata e, purtroppo, in molti devono fare i conti non solo con prof, compiti e interrogazioni, ma anche con un clima da incubo. Oggi il governo presenta nuove proposte nate dalle consultazioni online su La Buona Scuola: tra queste ci saranno soluzioni a problemi strutturali che richiedono interventi immediati? Non è una novità infatti che nelle scuole ogni tanto i termosifoni si rompano o siano regolati male, ma secondo una ricerca di Skuola.net sta accadendo fin troppo spesso: su ben 6mila studenti solo il 30% sostiene che a scuola ci sia la giusta temperatura. Ben 1 ragazzo su 2 studia al freddo a scuola. Uno su 6, invece, lamenta il problema opposto: cioè che i termosifoni sono settati male, e quindi sono troppo caldi. Altre storie di termosifoni da incubo arrivano dagli stessi ragazzi che hanno partecipato al sondaggio: ecco cosa succede nelle classi quando il termosifone funziona male.
 
 
CLASSI AL POLO NORD... - Il 56% degli studenti denuncia: a scuola fa freddo. Infatti, per quasi il 29% i termosifoni sono regolati su una temperatura troppo bassa, mentre per un altro 27% non funzionano: o sono rotti (11%) o non vengono accesi perché costerebbe troppo (16%). Così, via libera a giacconi, sciarpe, coperte e stufe. Uno su due per combattere il freddo sta tutto il giorno con il cappotto, il 37% si veste molto pesante. Quasi il 4% si organizza con stufette e altri apparecchi, mentre il 7% porta le coperte.
 
...O AI TROPICI - Il 14% degli studenti ha il problema opposto: temperature troppo alte. La soluzione più comune, in questo caso, è aprire le finestre: lo sostiene ben il 67% dei ragazzi. Chi ci va di mezzo sono gli studenti che si trovano vicino al termosifone, che per combattere l'eccessivo calore sono costretti ad aprire le finestre ammalandosi di continuo. Il 27%, invece, ha ripescato dall'armadio le magliette a maniche corte. 

STORIE DA INCUBO SUI TERMOSIFONI - Ma cosa succede nelle classi, davvero tante, in cui è presente questo problema? Lo abbiamo chiesto agli stessi studenti durante la nostra indagine. Tra malanni, sprechi e sbalzi di temperatura, ecco le loro testimonianze sulla scuola vissuta ogni giorno.  
Barricati in classe con il giaccone - Alcuni giorni spesso indossiamo tutti il giaccone in classe, oppure teniamo sempre la porta e finestre chiuse per far scaldare l'ambiente anche se l'aria diventa molto pesante. Ma questo non ci importa, almeno si sta un pochino al caldo. 
Nessun patteggiamento - Nella nostra scuola il freddo è un problema comune a tutte le classi e, dopo averlo fatto presente alla preside, ci è stato risposto che il termosifone è regolato con la temperatura esterna quindi non si può alzare. (Padova) 
Tubi incrostati, classi al freddo - Ci dicono sempre che i tubi del riscaldamento non vengono puliti da anni e che c'è troppa polvere all'interno! E' una situazione che va avanti così da generazioni...le uniche aule riscaldate sono la presidenza la vicepresidenza e gli uffici vari, da anni ormai andiamo avanti con scaldini plaid e cappotti.
Termosifoni solo fino alla 4° ora - I termosifoni non sono sufficientemente caldi e vengono spenti in quarta ora, e per le volte che bisogna stare a scuola fino alle 14.30 fa freddino.
Spenti - Siamo a dicembre e non hanno ancora acceso i termosifoni.
Troppa spesa, portatevi le coperte - Nella mia scuola non vogliono accendere i riscaldamenti perché dicono consuma troppa luce e noi siamo costretti a stare con i cappotti e a portarci le coperte.
Un'ora sola ti vorrei - In classe i termosifoni vengono accesi solo dalle 7:30 fino alle 8:30 (all'incirca) fatto sta che dalla seconda ora in poi si muore di freddo soprattutto ai piani superiori che dovrebbero essere più riscaldati ed invece siamo costretti a mettere giacche o altro.
16 gradi in classe e niente da fare - Nella mia scuola abbiamo seri problemi di riscaldamento solo in un lato della scuola, il blocco B, ma anche se è stata fatto richiesta di modificare questa situazione, la preside in modo molto scortese ha risposto che lei non può fare niente e che bisogna chiedere direttamente alla Provincia. Successivamente la prof di riferimento della mia classe gentilmente si è informata e ci ha riferito che hanno sbagliato a fare l'impianto di quel blocco e non si può rifare, di conseguenza ci dovremmo tenere la situazione attuale: giaccone durante le lezioni per combattere i 16 gradi che si registrano in classe. (Rovigo)  
Stufe in giro per la scuola - Dipende dall'aula in cui stiamo, quando siamo in quella con i riscaldamenti rotti abbiamo una stufetta portatile che mettiamo in giro per riscaldarci e se il freddo aumenta parecchio usiamo anche delle coperte. 
Bronchite per tutti - Per alcuni di noi la situazione è davvero difficile sia d'estate sia d'inverno, il sole entra nella classe in modo aggressivo e chi si trova agli ultimi banchi davvero dopo un po' si sente male, diciamocelo chiaro, il sole in testa per 5 ore non è molto bello... quindi di estate fa caldo per il sole, di inverno il sole resta, ovviamente perché nonostante le nostre richieste non esistono tapparelle, il sole persiste, i termosifoni posti dietro le nostre spalle e bollenti peggiorano la situazione, per rinfrescarci un po' non ci resta altro che aprire le finestre, e io sono già alla seconda bronchite dell'anno, nessuno ci ascolta, niente tapparelle, niente abbassamento della temperatura dei termosifoni e chi ci rimette siamo sempre noi dei mitici ultimi banchi. (Avellino) 
Due ore di riscaldamento - Nella nostra scuola i termosifoni vengono lasciati accesi per circa due ore poi arriva il freddo, considerando che stiamo li dentro per circa 6 ore, non è il massimo.  
Termosifoni illogici - Il riscaldamento è debole e spesso spento. La scuola è enorme, i caloriferi posizionati senza nesso logico, tipo 4 in due metri quadri e poi nessuno per 40 metri.
Riscaldamento in tilt - Ogni anno, in questo periodo, il sistema di riscaldamento va in tilt e intere classi si ritrovano al freddo. Per riscaldarci portiamo borse dell'acqua calda elettriche, coperte o indossiamo semplicemente i nostri giubbotti. Nonostante le richieste delle rappresentanti, la situazione non cambia e la scuola rimane aperta. 
30 minuti al caldo - I termi sono accesi per i primi 30 minuti della prima ora di lezione, poi si muore di freddo! 
Termosifoni a metà - I caloriferi vanno...si...per metà, letteralmente per metà, da una parte è caldo e dall' altra parte è freddo...nonostante ciò abbiamo i pinguini in classe che gironzolano con le loro palline di neve! Passiamo dalle 5\6 ore in classe e la maggior parte con i cappotti pesanti...non si può.... 
I soldi non bastano - Purtroppo non riescono a star dietro ai costi del riscaldamento, alle 11 li spengono e ci son persone che hanno il rientro fino alle 16. (Genova)
Tra caldo e freddo...il malanno! - Ragazzi che stando seduti vicino al termosifone si sentono male per il caldo, costretti ad aprire le finestre con caldo e freddo molti gli ammalati
Spreco di energia - I riscaldamenti sono abbastanza inutili poiché molte finestre sono ancora rotte quindi rimangono aperte. Inoltre le infiltrazioni del tetto nell'ultimo piano non aiutano.
Dalla padella alla brace - Fino alla metà del mese di Novembre il riscaldamento era completamente spento ("la provincia non ci da i soldi"), poi è stato attivato e attualmente nelle classi vi è un caldo insopportabile, se i custodi non se ne accorgono abbiamo l'abitudine di chiudere i condotti dei termosifoni, perché la situazione è davvero insopportabile. (Siena)
 

domenica 14 dicembre 2014

Tempi duri a Londra per chi sputa a terra.

I municipi di Londra si riuniranno giovedì per fissare l'entità della multa da imporre a chi viola il divieto di sputare per terra, regola di convivenza civile troppo spesso disattesa. Secondo l'Evening Standard, si trovera' un accordo sull'imposizione di una multa pari a 80 sterline (100 euro) per chi sputa in pubblico. Lo sputare è stato definito "comportamento antisociale che ha un impatto sulla qualità della vita".
La decisione arriva dopo che le autorità locali della capitale hanno fatto ampie consultazioni. Lo sputare è stato definito ''comportamento antisociale che ha un impatto sulla qualita' della vita''. Il divieto potrebbe essere applicato anche a chi gioca a calcio nei parchi pubblici. L'unico modo di evitare la multa sarà quello di avere una ''scusa ragionevole'' come ad esempio una malattia.

Già è in vigore una norma rigidissima ad Enfield, a nord di Londra, che prevede per chi sputa il rischio di finire in tribunale e ricevere una contravvenzione fino a 500 sterline.

Londra multa chi sputa a terra: pratica antisociale, TGcom 24, 10-12-14.

sabato 6 dicembre 2014

Gufi anche loro ? S&P boccia la politica economica del governo.

Schiaffo di Standard & Poor’s all’Italia. Ed è uno schiaffo che fa male, perché il downgrade deciso dall’agenzia finanziaria statunitense porta il rating del nostro Paese quasi al livello «spazzatura»: BBB- da BBB. Solo un gradino più in alto del livello “junk”. L’outlook sulle prospettive economiche è invece «stabile». 

Un colpo duro da incassare in un momento di massimo sforzo del governo Renzi sul fronte delle riforme. «Non è una bocciatura del Jobs Act», si appresta a commentare Palazzo Chigi: «Ci dicono che le riforme vanno bene, ma che bisogna andare più veloci», che ci sono «elementi buoni nelle riforme ma non tali da compensare il debito e risvegliare a breve l’economia». Ma al di là delle reazioni ufficiali, chi ha avuto modo di sentire Matteo Renzi dopo che la scure di S&P si è abbattuta sul nostro Paese parla di un premier amareggiato, che non avrebbe nascosto la sua delusione per il trattamento inflitto a un’Italia che sta tentando in tutti i modi di imboccare con decisione la strada del cambiamento. 

«Lo spread è sceso sotto i 120 - aveva detto il premier in giornata - ma essendo buona notizia, non va oltre i trafiletti. Solo per ricordare: eravamo a 200 nove mesi fa. Duecento». 

Standard & Poor’s spiega come a pesare sulla sua decisione sia stato un mix di preoccupazioni tra una crescita molto basa e un debito pubblico ancora enorme. «Secondo i nostri criteri - scrivono gli analisti dell’agenzia - un forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e da una bassa competitività non è compatibile con un rating BBB». Certo, lo sforzo sul fronte delle riforme viene riconosciuto: «Prendiamo atto che il premier Renzi ha fatto passi avanti col Jobs Act», si spiega nel rapporto di S&P, in cui però si esprime un certo scetticismo: «Non crediamo che le misure previste creeranno occupazione nel breve termine’’. E i «decreti attuativi» della riforma - si aggiunge - potrebbero «essere ammorbiditi», e ciò «potrebbe accadere alla luce di una opposizione crescente». 

Dal Tesoro non arrivano commenti ufficiali. Ma in realtà il ministro Pier Carlo Padoan aveva già detto la sua in giornata: «Il nostro debito è sostenibile», e per capirne la sostenibilità «occorre guardare al surplus primario, che solo la Germania con l’Italia ha mantenuto positivo». E se il nostro debito dovesse salire - spiega Padoan - non è colpa dell’Italia. Se ci fosse un’inflazione in equilibrio all’1,8%, una crescita reale dell’1% e una crescita nominale di circa il 3%, il debito pubblico sarebbe in un sentiero di discesa rapidissimo». 

S&P gela l’Italia: “Rating quasi spazzatura. Jobs Act passo avanti ma rischi sull’attuazione”, "La Stampa", 5-12-14.

Ferma presa di posizione di una Preside.

Al Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale 
per la Campania Dott.ssa Luisa Franzese
Al Ministro dell’Istruzione On. Prof.ssa Stefania Giannini
E p. c. A tutte le scuole secondarie di secondo grado della Provincia di Napoli

Sono stata invitata a partecipare a un incontro con il Sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, on. Davide Faraone, che sarà a Napoli mercoledì prossimo, 10 dicembre, presso l’ISIS “Sannino-Petriccione”.
Desidero esplicitare i motivi per i quali, pur ringraziando per l’invito, non parteciperò all’incontro. Da quindici giorni, nella scuola che dirigo, i professori ed io stessa siamo impegnati in un dialogo incessante, quotidiano – a tratti molto difficile – con gli studenti, sulle modalità e sui limiti con le quali ed entro i quali una protesta può accrescere la consapevolezza e rafforzare il senso civico di ciascuno, risultando proficua per la comunità nella quale viviamo – in primo luogo, quella scolastica.
Ci siamo a lungo confrontati, abbiamo discusso – anche vivacemente - sulla necessità di rispettare le regole che danno forma a qualunque attività, sia individuale, sia, a maggior ragione, collettiva.
Abbiamo stigmatizzato le derive qualunquiste e pre-natalizie, i riti di iniziazione privi di contenuti e di motivazioni ideali; soprattutto, abbiamo chiarito che le occupazioni sono illegali, perché violano almeno due articoli del codice penale, senza se e senza ma.
Abbiamo commentato, costernati e impotenti, i danni - per centinaia di migliaia di euro – provocati, non per la prima volta, dalle occupazioni in alcune scuole della città di Napoli.
Abbiamo analizzato gli altri danni – primo tra tutti, la negazione del diritto allo studio e l’interruzione di un servizio pubblico – provocati dalle occupazioni, delle quali pagano sempre il prezzo più alto gli studenti diversamente abili e quelli didatticamente più deboli, meno motivati.
La scuola che dirigo non è stata occupata; l’attività didattica è continuata, anche se è stata declinata, per una settimana, secondo modalità alternative, per rispondere al bisogno degli studenti di interrogarsi su categorie storiche, su fenomeni politici, su fatti dell’attualità e della cronaca.
Non ho, pertanto, né il tempo, né alcun motivo di incontrare l’on. Faraone, che in un sorprendente articolo pubblicato sulla “Stampa” del primo dicembre definisce le occupazioni scolastiche “una lotta all’apatia”, le considera “più formative delle ore passate in classe”, le considera momenti privilegiati durante i quali “si seleziona la classe dirigente”, nonché l’unica occasione in cui le aule scolastiche “appaiono calde e umane”, pronube di meravigliosi amori “consumati in quei sacchi a pelo”, all’interno dei quali tanti “ragazzi e ragazze hanno trovato l’anima gemella”.
Sono tra i firmatari della petizione, promossa dal “gruppo di Firenze”, per le dimissioni dell’on. Faraone, che non rappresenta le istituzioni in cui credo. Credo, invece, con Massimo Recalcati, che un’ora di lezione possa cambiare la vita, e che la scuola alla vita possa e debba dare forma.
Con i migliori e più cordiali saluti,
prof.ssa Silvia Parigi
Dirigente Scolastico del Liceo “Comenio” di Napoli

Questa lettera compare sul sito del liceo "Comenio" di Napoli ed è stata ripresa da diverse testate  (tra cui "La Stampa").
V. anche:
Gruppo di Firenze, 6-12-14, Una preside si rifiuta di incontrare il sottosegretario Faraone, 6-12-14.

Roma Capitale. Di cosa ? 11.

Alla prestigiosa Galleria Nazionale d’Arte moderna di Roma non succedeva dal 1998, quando a prendere il volo furono addirittura due Van Gogh e un Cezanne, tutte opere poi ritrovate nel luglio dello stesso anno. Sedici anni dopo quel furto così clamoroso il museo romano torna alla ribalta delle cronache con la sottrazione, questa volta di un’opera in bronzo, il delizioso “Bambino Malato” di Medardo Rosso, un piccolo capolavoro, stimato intorno ai 500 mila euro, che fa parte della collezione del museo e che era in mostra in queste settimane inserito nel percorso della rassegna dedicata a Secessione e Avanguardia. 

L’allarme nel pomeriggio, dopo che gli addetti alla vigilanza si sono accorti della sparizione della piccola testa in bronzo. Erano le 16 e 30. La scultura rubata si trovava nella sala 48. Il sistema d’allarme era regolarmente in funzione, verrà spiegato poi agli inquirenti, così come le telecamere, puntate sulle opere in mostra. Chiamati dai custodi sono arrivati i carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, che hanno assunto il comando dell’indagine. E che a tarda sera si trovavano ancora nel museo, insieme con la direttrice Maria Vittoria Marini Clarelli per visionare i filmati delle telecamere e fare tutti gli accertamenti necessari cercando di ricostruire le modalità del furto. 

Importante esponente dell’impressionismo, Medardo Rosso ( 1858-1928) eccelleva proprio nei ritratti di bambini. Il Bambino Malato, ritenuto tra le sue opere più riuscite, lo scolpi’ tra il 1893 ed il 1895 dopo la degenza in un ospedale parigino, la città dove visse per un lungo periodo e dove espose al Salon des artistes Francais e al Salon des Independents. La Gnam possiede una importante e preziosa collezione delle sue sculture. 

Il precedente clamoroso del furto alla Galleria d’Arte Moderna risale al 20 maggio del 1998 quando vennero rubate due tele di Van Gogh, «Il giardiniere» e «L’Arlesiana» e un Ce’zanne, il «Cabanon de Jourdan». Tutte le opere verranno ritrovate il 6 luglio dello stesso anno. L’anno successivo, il 26 gennaio del 1999, un altro brutto episodio: un uomo, Piero Cannata, viene fermato dai carabinieri per aver imbrattato con un pennarello una tela di Jackson Pollock «Sentieri ondulati» del 1947. «L’ho fatto perché era l’unico modo per poter parlare con un magistrato», dirà dopo. Alle forze dell’ordine Cannata era già conosciuto: nell’autunno del 1991 aveva rotto con una martellata il secondo dito del piede sinistro del David di Michelangelo a Firenze. Nel caso del Pollock per fortuna il danno non fu grave, la tempestività dell’intervento degli addetti alla sicurezza fece sì che il quadro non venisse scalfito. 

mercoledì 3 dicembre 2014

Italia fuori dall' eurozona ? Sempre più probabile.

"Uno dei motivi per cui oggi esiste l'euro è l'ampio consenso politico - denuncia il settimanale tedesco Der Spiegel - in tutti quei Paesi che più tardi l'avrebbero adottato. E anche l'approvazione dei partiti all'opposizione è stata importante perché, nel corso dei 15 anni, quasi tutti sono saliti al governo: l'Spd in Germania, i Socialisti in Francia e in Spagna."


Vedi anche:

"La situazione è diversa invece in Italia - scrive lo Spiegel - dove tutti i partiti all'opposizione sono contrari all'euro. I Socialdemocratici intorno al segretario Matteo Renzi hanno una larga maggioranza in Parlamento e vantano di un grande - seppur non più schiacciante - consenso nella popolazione. Ma nelle democrazie prima o poi le opposizioni vanno al governo ed ora e' quindi importante sapere - precisa il tedesco "Spiegel" - se un simile governo attuerebbe una politica anti-euro".

LA SITUAZIONE POLITICA - Il settimanale tedesco ha così analizzato l'attuale situazione politica italiana in relazione alla permanenza nell'Eurozona: "Prima delle elezioni europee il Movimento 5 Stelle, il più grande partito all'opposizione, si era detto favorevole ad un referendum sull'euro. Fino a quel momento il Movimento era si' euroscettico, ma la sua posizione non era drastica come lo è oggi. Di recente il suo leader, Beppe Grillo, si è schierato, dichiarando che i 5 Stelle vogliono lasciare l'eurozona il prima possibile.


Alle elezioni regionali in Emilia Romagna il Partito democratico di Renzi ha vinto, ma la Lega Nord ha ottenuto un successo grande e imprevisto. La Lega Nord ha abbandonato le velleità di secessione del Nord Italia, per avviare invece una crociata contro l'euro: una posizione che è stata premiata dagli elettori.


E Silvio Berlusconi ha accolto questa situazione con grande favore: ovviamente l'ex cavaliere non è mai stato un europeista convinto - aggiunge lo Spiegel - e, da opportunista qual è, anche lui adesso mette in dubbio il futuro dell'euro. Ma non solo: il suo partito, Forza Italia, chiede di riconquistare la sovranità monetaria, introducendo allo stesso tempo una moneta parallela che venga scambiata liberamente con l'euro.

PROSPETTIVE SENZA EURO - Stipendi, salari e naturalmente anche i prezzi dei prodotti verrebbero pagati con questa nuova moneta. Inizialmente il vecchio euro affiancherebbe la nuova moneta italiana con un cambio uno a uno: successivamente la nuova moneta verrebbe emessa liberamente - operazione che farebbe subito crollare la sua quotazione del 50 per cento. In un colpo solo, quindi, l'Italia diventerebbe nuovamente competitiva. Ma per il resto dell'eurozona questo sarebbe il peggiore di tutti i possibili scenari di crisi.

E' vero però che dall'entrata nell'euro l'Italia non è più cresciuta: la disoccupazione è alta, quella giovanile spaventosa, conclude Der Spiegel - e quindi l'uscita dall'euro è ampiamente giustificata.

Una firma contro l'elogio delle occupazioni studentesche.

È infatti inammissibile, anche per chi non sia affatto animato da ostilità politica pregiudiziale, che resti al suo posto di governo chi legittima le occupazioni e anzi ne esalta senza riserve il ruolo formativo, dimostrando di non rendersi conto di quello che è in gioco: educazione alla legalità, rispetto dei beni comuni, immagine della scuola pubblica, diritto allo studio. 
Il suo intervento disconosce e rischia di vanificare il difficile lavoro dei docenti e in modo particolare dei dirigenti in quanto responsabili degli istituti scolastici, che hanno affrontato queste situazioni senza rinunciare al loro ruolo, quasi sempre lasciati soli da tutte le istituzioni: ministri, magistrati, forze dell’ordine.
L’on. Faraone, per di più, accompagna l’elogio delle occupazioni con frasi che svalutano l’attività didattica, definendo le occupazioni “esperienze di grande partecipazione democratica, in alcuni casi più formative di ore passate in classe”. Per molti ragazzi, aggiunge, è stata “l’esperienza più bella della propria adolescenza in quelle classi che per una volta apparivano calde e umane”.E via di questo passo, con l’immancabile offerta di “ascolto, ascolto, ascolto”. Ma ascoltare non significa compiacere.
Pazienza  se fossero, questi, solo i ricordi nostalgici di un cittadino qualsiasi. Sono invece le parole di un rappresentante delle istituzioni, che dovrebbe ricordare ai ragazzi quali sono i loro diritti, ma anche i loro doveri. Nessun cenno, nell’articolo, al fatto che la scuola è un servizio pubblico pagato dai contribuenti, e che ogni giorno di interruzione delle lezioni è un grave spreco di risorse, per non parlare dei frequenti danni agli ambienti e alle attrezzature. Tanto meno si ricorda che la scuola pubblica non appartiene né ai dirigenti, né agli insegnanti, né agli studenti, ma alla collettività; e che quindi nessuno, per nessun motivo, ha diritto di appropriarsene e di impedirne l’uso ad altri. Non ci sono dunque occupazioni buone e occupazioni cattive, ma tutte sono per molte ragioni inammissibili, oltre che screditate. Se è vero che la formazione politica è cosa seria e importante, gli studenti possono utilizzare gli spazi che hanno già a disposizione, come le assemblee mensili, e programmare insieme ai docenti, come già avviene in più di un istituto, giornate di dibattito e di approfondimento su temi di loro interesse.
In un paese devastato dall’assenza di legalità a tutti i livelli, insomma, chi ha incarichi di governo dovrebbe essere esempio di rigore e di coerenza nel rispetto delle leggi e delle istituzioni. Per questo riteniamo che il sottosegretario Faraone non possa continuare a ricoprire questo ruolo.

Chiediamo le dimissioni del sottosegretario Davide Faraone, che ha elogiato le occupazioni studentesche, per grave inadeguatezza al suo ruolo istituzionale, 2-12-14.

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V. anche:

lunedì 1 dicembre 2014

Come apprendere meglio le lingue straniere.

Anki, un programma che aiuta ad imparare  (tra l'altro)  le lingue straniere.


Sopravviverà la scuola italiana fino al 2024 ? 1.

Come ha scritto Giorgio Israel: "Non ci sono parole. Queste sono le mani in cui è la scuola italiana. Tanto per confermare il detto che al peggio non c’è mai un limite.".

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Non basta il suono di una campanella per fermare l’energia che si crea, cresce e muove in una scuola per poi contagiare il mondo fuori. Ho partecipato anche io ad occupazioni ed autogestioni scolastiche. Esperienze di grande partecipazione democratica che ricordo con piacere. 

In alcuni casi più formative di ore passate in classe. Io le “istituzionalizzerei” pure, se non fossi convinto di svilirne il significato. Il governo crede così tanto nell’autonomia scolastica che pensiamo che i singoli istituti potrebbero prevedere, se lo ritenessero utile, momenti simili, di autogestione programmata, come esperienza curricolare da far fare ai ragazzi. 

Scuola è didattica, scuola è studio, ma non può essere solo ragazzi seduti e cattedra di fronte. Io ho maturato la mia voglia di fare politica, proprio durante un’occupazione. 
E chissà quanti hanno cominciato a fare politica, o vita associativa, o hanno scoperto la passione civile, proprio partendo da questa esperienza. O ancora, quanti sono diventati leader in un’azienda, dopo essere stati leader durante un’occupazione studentesca. Anche in quei contesti si seleziona la classe dirigente. Quanto valgono poi, le notti passate a dormire in istituto. Io le ricordo ancora oggi nitidamente. Ricordo ragazzi del mio quartiere, che non potevano permettersi nemmeno un campeggio, aver passato l’esperienza più bella della propria adolescenza, dentro i sacchi a pelo in quelle classi che per una volta apparivano calde e umane. O quanti amori si sono consumati in quei sacchi a pelo e quante ragazze o ragazzi hanno trovato la propria anima gemella. 

Una scuola, la sua struttura, i suoi laboratori, le sue palestre, le sue persone migliori non possono chiudere un secondo dopo il suono della campanella. Pensate che spreco in quartieri come lo Zen a Palermo o Scampia a Napoli, Quarto Oggiaro a Milano o Corviale a Roma. Il degrado e l’abbandono oltre l’inferriata, mentre potrebbe esserci l’armonia in quegli istituti. 

Durante la consultazione per “La Buona Scuola” le assemblee con gli studenti sono state magari le più difficili, ma spesso le più interessanti, quelle da cui ci sono arrivate le proposte e le critiche più innovative. Ovviamente là dove ci hanno portato le loro idee e non ripetuto a pappagallo quelle degli adulti. 

Quando non sono la moda del “liceo dei fighetti”, non sono fatte per scimmiottare i loro padri e i loro nonni, quando non sono la ripetizione stanca di un rito d’altri tempi; quando non sono caricature, le occupazioni e le autogestioni sono fenomeni spontanei e vanno prese sul serio. E noi prenderemo sul serio chi ha qualcosa da dire, rifiutando ogni forma di violenza e devastazione. La scuola è un bene comune: chi lo deturpa o - peggio - lo vandalizza si esclude dal confronto e merita solo la punizione più severa prevista dalle nostre leggi.  

Nessuna istigazione ad occupare le scuole, ovviamente. Vorrei evitarmi la solita ramanzina di Giorgia Meloni, che dopo aver detto a Del Piero in che squadra deve giocare, dopo che ha spiegato ai genitori e ai bambini come essere felici, spieghi a me che devo essere responsabile e non spingere i ragazzi all’anarchia e alla rivoluzione. Ma i ragazzi sappiano che se ci chiameranno nelle loro scuole per discutere o per contestare la riforma, il governo sarà lì. Parteciperà alle assemblee studentesche per promuovere le sue idee, per ascoltare nuove e migliori proposte. 

La politica non può avere paura di nessun luogo di confronto civile e democratico. Maggiormente se ispirato dai ragazzi. Molti di loro non saranno mai in nessun circolo di partito. Alcuni si rifiutano di leggere i giornali e non guardano i talk show in tv perché sdegnati dalla politica. Magari qualunquismo e disincanto hanno prevalso nelle loro menti. Se quei momenti contribuiranno a superare la rassegnazione e l’apatia, se stimoleranno la partecipazione, il governo ha il dovere di esserci. 

Ascolto, ascolto, ascolto. È questo il metodo che ci siamo dati per tutte le riforme messe in campo. Naturalmente, la democrazia funziona se ad un certo punto si smette di discutere e si decide. Anche questa è una prerogativa alla quale il governo Renzi non è mai venuto meno: se non si decide si è irrilevanti e inutili e non ce lo possiamo permettere. A maggior ragione se è in gioco la cosa più preziosa che abbiamo: la nostra scuola, il nostro futuro.  

Davide Faraone, Le occupazioni scolastiche, una lotta all’apatia, "La Stampa", 1-12-14.