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sabato 6 dicembre 2014

Gufi anche loro ? S&P boccia la politica economica del governo.

Schiaffo di Standard & Poor’s all’Italia. Ed è uno schiaffo che fa male, perché il downgrade deciso dall’agenzia finanziaria statunitense porta il rating del nostro Paese quasi al livello «spazzatura»: BBB- da BBB. Solo un gradino più in alto del livello “junk”. L’outlook sulle prospettive economiche è invece «stabile». 

Un colpo duro da incassare in un momento di massimo sforzo del governo Renzi sul fronte delle riforme. «Non è una bocciatura del Jobs Act», si appresta a commentare Palazzo Chigi: «Ci dicono che le riforme vanno bene, ma che bisogna andare più veloci», che ci sono «elementi buoni nelle riforme ma non tali da compensare il debito e risvegliare a breve l’economia». Ma al di là delle reazioni ufficiali, chi ha avuto modo di sentire Matteo Renzi dopo che la scure di S&P si è abbattuta sul nostro Paese parla di un premier amareggiato, che non avrebbe nascosto la sua delusione per il trattamento inflitto a un’Italia che sta tentando in tutti i modi di imboccare con decisione la strada del cambiamento. 

«Lo spread è sceso sotto i 120 - aveva detto il premier in giornata - ma essendo buona notizia, non va oltre i trafiletti. Solo per ricordare: eravamo a 200 nove mesi fa. Duecento». 

Standard & Poor’s spiega come a pesare sulla sua decisione sia stato un mix di preoccupazioni tra una crescita molto basa e un debito pubblico ancora enorme. «Secondo i nostri criteri - scrivono gli analisti dell’agenzia - un forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e da una bassa competitività non è compatibile con un rating BBB». Certo, lo sforzo sul fronte delle riforme viene riconosciuto: «Prendiamo atto che il premier Renzi ha fatto passi avanti col Jobs Act», si spiega nel rapporto di S&P, in cui però si esprime un certo scetticismo: «Non crediamo che le misure previste creeranno occupazione nel breve termine’’. E i «decreti attuativi» della riforma - si aggiunge - potrebbero «essere ammorbiditi», e ciò «potrebbe accadere alla luce di una opposizione crescente». 

Dal Tesoro non arrivano commenti ufficiali. Ma in realtà il ministro Pier Carlo Padoan aveva già detto la sua in giornata: «Il nostro debito è sostenibile», e per capirne la sostenibilità «occorre guardare al surplus primario, che solo la Germania con l’Italia ha mantenuto positivo». E se il nostro debito dovesse salire - spiega Padoan - non è colpa dell’Italia. Se ci fosse un’inflazione in equilibrio all’1,8%, una crescita reale dell’1% e una crescita nominale di circa il 3%, il debito pubblico sarebbe in un sentiero di discesa rapidissimo». 

S&P gela l’Italia: “Rating quasi spazzatura. Jobs Act passo avanti ma rischi sull’attuazione”, "La Stampa", 5-12-14.

1 commento:


  1. Il primo pensiero che mi viene in mente è come mai, con lo spread più basso di due anni fa, le agenzie di rating continuano ad abbassare il
    livello di fiducia verso l'Italia. Questo spread cos'è in verità, a cosa serve? Queste domande credo che siano lecite da parte di noi comuni mortali,
    che non viviamo nei piani alti di Wall Street o Piazza Affari.
    Questo Job Act, se veramente apporta dei cambiamenti deboli al recupero economico, a cosa serve? Bisognava davvero agire con una scure che
    poi va a colpire lavoratori e giovani che si affacciano al mondo del lavoro?
    La cosa che mi rende nervoso è che non vedo lo stesso impegno nel ridimensionamento delle spese dovute agli sprechi. Sprechi che continuano
    ad esserci, come peraltro la corruzione. Quando parlo di sprechi non intendo il finanziamento ai partiti o gli stipendi dei parlamentari, che
    incidono in una piccola percentuale; parlo dei tanti posti di lavoro nelle regioni e nelle province (enti, le seconde, quasi inutili, anche dopo la
    loro riforma); parlo della miriade di finanziamenti non proprio leciti, come l'inchiesta Mafia Capitale ha messo in luce, finanziamenti versati ad
    organizzazioni criminali; parlo di tutte quelle grandi opere che partono con un costo e poi, per via di subappalti, fallimenti vari, lievitano a più
    non posso; parlo di tutti quegli sprechi che vengono fatti nella sanità. E già la sanità, un campo che conosco molto bene, visto che lo frequento
    per motivi di lavoro. Vedo quotidianamente cliniche private convenzionate che sono lager, personale non qualificato (per la maggior parte
    straniero), pazienti tenuti come allo zoo: solo a Roma se ne contano quasi 400, che la Regione paga profumatamente, in ritardo, ma paga.
    Potrei continuare per qualche altra ora, ma questi pochi esempi servono per far capire che se c'è da tagliare, esistono zone da colpire, senza
    andare ad intaccare il servizio pubblico a disposizione del cittadino, o mettere mano in tasca al cittadino stesso.

    Angelo Pierezza - 5^ As

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