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sabato 24 gennaio 2015

Attenti alle epidemie.

Settanta casi di contagio tra sei Stati americani e il Messico. E’ il bilancio parziale dell’epidemia di morbillo che, da metà dicembre, sta mettendo a dura prova le autorità sanitarie degli Stati Uniti. Un’emergenza che sembra ricondurre a Disneyland: la maggior parte delle persone risultate positive alla malattia proviene infatti dalla California, bambini soprattutto, frequentatori del parco di divertimenti più famoso al mondo. In preponderanza si tratta di soggetti che non sono stati sottoposti alla vaccinazione Mmr, ovvero il siero contro morbillo, orecchioni e rosolia, e quindi più esposti al contagio. Ciò ha contribuito a diffondere una malattia che sembrava definitivamente debellata negli States già nel 2000, al contrario di quanto accade in alcune zone della Terra, assai depresse, dove persiste da decenni come patologia diffusa. 

I genitori anti-vaccino  
Solo nel 2014 i casi di contagio in Usa hanno registrato un’impennata a quota 644, contro la media di poco più di un centinaio registrata negli ultimi tre lustri. Un vero e proprio salto indietro nella storia, un fenomeno dovuto alla «negligenza» di alcuni genitori - spiega una parte di scienziati e dell’opinione pubblica - che ottengono esenzioni ad personam dall’obbligo di vaccinare i propri figli al momento dell’iscrizione a scuola. In parte perché alcune famiglie sono convinte che tali rimedi preventivi possano causare forme di autismo, ipotesi peraltro screditata da recenti studi, tengono a precisare diversi esperti. «Alcune persone sono incredibilmente egoiste, non vaccinano i figli per proprie convinzioni», spiega il dottor James Cherry, pediatra dell’Università della California. E anche per questo l’opinione pubblica, di recente, con l’appoggio di taluni media, ha criticato a più riprese il cosiddetto «movimento anti-vaccino»: «Il morbillo è stato vinto dalla medicina moderna, e casi come quello di Disneyland dimostrano come certi movimenti antiscientifici si basino sulla cieca ostinazione» dice il «Los Angeles Times» in un editoriale. Negli ultimi 5 anni tuttavia, il tasso di vaccinati negli asili del Golden State è rimasto pressoché stabile, poco oltre il 90 %. Barbara Loe Fisher, direttore del National Vaccine Information Center, organizzazione che si batte per la libertà di scelta sulle vaccinazioni dei figli, ha spiegato all’Ap che dell’epidemia «Disney» non sono responsabili i non vaccinati, dal momento che tra le persone colpite dal morbillo ce ne sono alcune che si sono sottoposte alle misure precauzionali. Questo tuttavia apre un altro confronto sulla effettiva efficacia dei vaccini, su cui si dibatte da tempo.  

Secondo gli esperti, in ogni caso, ad innescare l’epidemia sarebbero state alcune persone provenienti dall’estero che già avevano contratto il virus. Essendo Disneyland una delle mete turistiche più visitate degli Usa e del mondo, è un ottimale diffusore di malattie, specie per la presenza di un elevato numero di bambini troppo piccoli per essere vaccinati, o di mamme incinte che non possono sottoporsi alla profilassi. Così da Disneyland, il virus si è propagato verso l’esterno, contagiando anche 5 dipendenti del parco. Per far fronte alla crisi, ai non vaccinati è stato chiesto di non avvicinarsi al parco, mentre il personale senza vaccino è stato messo in ferie pagate. In alcune scuole californiane si è chiesto di far rimanere a casa i bambini a rischio per tre settimane, periodo di incubazione della malattia. In alcuni casi si è arrivati all’isolamento, come per 30 bimbi di Alameda County, il che ha sollevato molte proteste.   

Francesco Semprini, Usa, emergenza morbillo: l'epidemia nata a Disneyland, "La Stampa", 24-01-15.

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