L’imprenditore statunitense Elon Musk ha sempre detto di voler rendere il genere umano una “specie multiplanetaria”: dare la possibilità, a chi lo desidera, di lasciare la Terra e stabilirsi su un altro pianeta per colonizzarlo, come secoli fa fecero gli europei in America. Ieri Musk – che è la persona vivente più simile a Tony Stark e tra molte altre cose è CEO di SpaceX, tra le più importanti compagnie private spaziali statunitensi – è salito sul palco del 67esimo International Astronautical Congress a Guadalajara, in Messico, per tenere una presentazione che a molti ha ricordato gli eventi organizzati dalle grandi aziende tecnologiche per mostrare i loro nuovi prodotti, prima tra tutte Apple. Invece di annunciare uno smartphone o un computer di ultima generazione, però, Musk ha presentato al mondo un nuovo veicolo di trasporto spaziale alto più di 100 metri e il suo piano per colonizzare il nostro Sistema solare, iniziando con la costruzione di una colonia su Marte entro i prossimi 40-100 anni. Per una specie che non si è mai spinta oltre l’orbita lunare, è un obiettivo senza precedenti e complicatissimo da realizzare, ma secondo Musk non è impossibile: e dice che è l’unico scopo per cui ha messo insieme la sua fortuna economica. Per alcuni, invece, è semplicemente una follia.
Premessa
Nelle prossime righe leggerete di viaggi interplanetari, di razzi giganteschi, di astronavi che fanno rifornimento in orbita e molte altre cose da libri di fantascienza. In passato ci sono già stati annunci di questo tipo da parte di società e personaggi in cerca di visibilità o poco raccomandabili, che in molti casi si sono rivelati per ciò che erano: trovate pubblicitarie o grandi truffe. SpaceX invece è una società che esiste davvero: porta regolarmente cose nello Spazio, impiega più di 4mila persone, ha contratti in corso con la NASA e conti in ordine. Il piano di Musk va preso con la giusta dose di scetticismo, ma nel suo essere incredibile è a oggi la cosa più concreta e articolata mai presentata per portare esseri umani su altri mondi.
Perché Marte
Tra tutti i pianeti del Sistema solare, Marte è quello con più caratteristiche in comune con la Terra: è roccioso, si presenta come una landa desertica e desolata e si ipotizza che un tempo ospitasse oceani, ma soprattutto si trova lontano dal Sole a sufficienza per evitare di finire carbonizzati. La distanza tra il nostro pianeta e Marte varia a seconda dei periodi dell’anno e delle orbite che seguono i due corpi celesti: attualmente è pari a circa 160 milioni di chilometri. Proprio per le sue caratteristiche che lo rendono simile alla Terra, le principali agenzie spaziali, come la statunitense NASA e l’europea ESA, negli ultimi decenni hanno dedicato grandi attenzioni a Marte con l’invio di sonde e robot automatici per esplorarne i dintorni e la superficie, grazie ai quali abbiamo imparato molte cose sul pianeta e fatto ipotesi sulla sua storia passata. La NASA progetta da tempo una missione con esseri umani su Marte, ma gli scarsi fondi e la pericolosità di un viaggio spaziale così lungo finora non hanno portato a grandi risultati (di recente comunque ha annunciato un rilancio dell’iniziativa con maggiori concretezze).
Con gli attuali ritmi di crescita della popolazione e di aumento di consumo delle risorse naturali, tra qualche secolo la Terra non potrebbe essere più sufficiente per sostenere l’esistenza del genere umano. Prima o poi, pensa Musk, arriveremo al punto in cui dovremo espanderci nel Sistema solare per garantirci la sopravvivenza, e visto che per farlo potrebbe volerci più di un secolo, è meglio mettersi subito al lavoro. Musk ha spiegato:
«Non ho da rivelarvi una profezia sul giorno del giudizio. Però le cose sono due: possiamo stare per sempre sulla Terra, e prima o poi ci sarà un evento che ci farà estinguere; oppure possiamo diventare una specie multiplanetaria, e spero concordiate che sia la cosa giusta da fare»
Per le sue caratteristiche e la relativa vicinanza, Marte è il pianeta ideale per sperimentare il colonialismo spaziale e creare un primo avamposto fuori dalla Terra, o il secondo se si considera la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in orbita intorno al nostro pianeta su cui vivono stabilmente sei astronauti.
Ok, ma come ci andiamo?
Nessun uomo è mai stato su Marte per molti motivi, e il primo è l’enorme costo che avrebbe una missione di questo tipo. Siamo ancora al punto in cui la volontà di andarci e la possibilità di spendere così tanto denaro per farlo non si sono incrociate: secondo le stime di Musk con i metodi attuali un viaggio verso Marte non costerebbe meno di 10 miliardi di dollari a persona, una spesa insostenibile praticamente per chiunque. Il primo obiettivo deve essere quindi creare un sistema per viaggiare nello Spazio molto più economico che abbatta progressivamente i costi fino a 200-500mila dollari per un biglietto: in un certo senso l’idea è di adottare i meccanismi che usano le compagnie aeree low cost, applicandoli su una scala enormemente più grande e per voli che durano milioni di chilometri.
L’industria spaziale sostiene tuttora costi enormi perché i sistemi che utilizza per andare in orbita sono quasi tutti usa e getta: è come se una compagnia aerea buttasse ogni suo aeroplano dopo un viaggio. SpaceX, che esiste da poco meno di 15 anni, ha sperimentato un approccio diversosviluppando razzi che hanno la capacità di trasportare il loro carico in orbita e di tornare sulla Terra, con un atterraggio controllato che permette di preservare buona parte del lanciatore e di riutilizzarlo per altre missioni. SpaceX ha ottenuto importanti successi con questo sistema, facendo tornare indietro integri diversi razzi Falcon 9 (a tornare è il primo stadio del razzo, la parte inferiore che sviluppa più potenza al lancio), ed entro fine anno dovrebbe sperimentare il loro riutilizzo.
Queste soluzioni riducono moltissimo i costi per i lanci spaziali e stanno garantendo a SpaceX molti contratti – oltre a quello con la NASA per il trasporto di satelliti, merci e in futuro astronauti sulla ISS – che stanno fruttando centinaia di milioni di dollari. Musk confida di applicare lo stesso schema, su una scala molto più grande, per i viaggi verso Marte. L’idea è impiegare sistemi di trasporto riutilizzabili, ottimizzare il consumo di risorse al lancio rifornendo le astronavi in orbita, usare un’alimentazione per i razzi più efficiente e produrre il propellente non solo sulla Terra, ma anche su Marte per i viaggi di ritorno.
Mars Vehicle (MV)
Gli ingeneri spaziali hanno un rapporto di amore e odio con la gravità: è un’ottima alleata per calibrare le orbite dei satelliti o calcolare le traiettorie che devono seguire le sonde per viaggiare nello Spazio, ma è una vera piaga quando è necessario vincere la sua inesorabile attrazione per portare qualcosa fuori dal Pianeta. Più sono pesanti i carichi, più serve potenza per spingerli verso l’alto: per questo i razzi di alcune missioni spaziali sono così grandi. Mars Vehicle (MV), il nuovo veicolo spaziale presentato da Musk, non fa eccezione e sarà il più grande razzo mai realizzato nella storia, più grande ancora del Saturn V, il leggendario lanciatore che alla fine degli anni Sessanta spinse per la prima volta l’uomo verso la Luna.
Stando ai progetti di SpaceX, il MV sarà in fibra di carbonio, alto 122 metri (quanto un edificio di 40 piani) con un diametro di 12 metri e sarà spinto da motori Raptor, costruiti come un’evoluzione dei Merlin usati già oggi sui Falcon 9, ma con la differenza di essere alimentati a metano. Un primo test di accensione a terra di un Raptor è stato eseguito pochi giorni fa dai tecnici di SpaceX, con esiti soddisfacenti, ma saranno ancora necessari molti test prima di avere una versione definitiva e funzionante del motore. Il MV è diviso in due parti: il primo stadio occupa più spazio, è un cilindro altro 77,5 metri contenente i serbatoi per il propellente e alla sua base ospita 42 Raptor che forniscono la potenza necessaria per portare in orbita intorno alla Terra il secondo stadio, cioè l’astronave vera e propria alta 49,5 metri. Questa ha sulla sua sommità una grande area in cui secondo Musk potranno essere ospitati tra i 100 e i 200 passeggeri, una sezione per il trasporto delle merci, e i grandi serbatoi per il propellente che azionano altri 9 motori Raptor, per spingerla durante il viaggio interplanetario.
Come funziona un viaggio verso Marte
Semplificando moltissimo, un razzo spaziale è alimentato da due ingredienti principali: un gas combustibile e l’ossigeno per consentirgli di bruciare sviluppando la spinta attraverso i motori. Questi ingredienti vengono compressi e inseriti in due distinti serbatoi all’interno del razzo, in modo che si incontrino quando vengono convogliati verso il motore. Ne servono grandi quantità per vincere la forza di gravità e il paradosso è che più il carico da trasportare è pesante, più serve propellente che a sua volta fa aumentare il peso del razzo al momento del lancio. Nel caso del MV, trasportare in orbita il secondo stadio già con i serbatoi pieni richiederebbe un grande dispendio di energia e un razzo ancora più grande di quello progettato, per questo motivo SpaceX ha pensato a una soluzione alternativa: portare l’astronave in orbita con il suo carico per Marte e i serbatoi vuoti, da rifornire in un secondo momento prima di intraprendere il viaggio interplanetario. Eh?!
Ok, proviamo con un esempio pratico a spiegare come funzionerà secondo il progetto di Musk. Sulla Terra viene assemblato e preparato al lancio un MV, nel primo stadio viene caricato il propellente, mentre nel secondo stadio (l’astronave) solo il materiale da portare su Marte e i passeggeri. Quando tutto è pronto, il razzo parte fragorosamente da Cape Canaveral in Florida spinto dai 42 motori del primo stadio, che raggiunge l’orbita e lascia parcheggiato il secondo stadio, che inizia a girare intorno alla Terra. Il primo stadio fa manovra, torna sulla Terra e atterra automaticamente sulla rampa da dove era partito, come fanno già oggi i Falcon 9. A questo punto gli viene agganciato sopra un nuovo secondo stadio, questa volta costituito da un’unica grande cisterna. Il primo stadio riparte e porta in orbita la cisterna, che si collega all’astronave portata in precedenza per rifornirla di propellente. A seconda delle necessità, il rifornimento può essere eseguito più di una volta: quando è stato fatto il pieno, l’astronave accende infine i suoi motori, lascia l’orbita terrestre e inizia il suo viaggio verso Marte.
Il viaggio dura in media 80 giorni, ma può variare a seconda della posizione della Terra e di Marte arrivando a 150 (sulla durata non sono stati diffusi ancora molti dettagli). Musk ha assicurato che a bordo ci saranno diverse attrazioni e aree di svago per i passeggeri, un po’ come su una nave da crociera o come le carte da gioco e il grog sui galeoni che viaggiavano per settimane dall’Europa all’America. Arrivata nei dintorni di Marte, l’astronave fa manovra per entrare nella sua sottile atmosfera frenando la discesa con i motori e infine atterra sul pianeta. Per tornare indietro avrà bisogno di fare rifornimento su Marte, sfruttando le risorse del pianeta per produrre il metano necessario per alimentare i suoi sistemi. Su Marte la forza di gravità è circa un terzo rispetto a quella terrestre, quindi l’astronave potrebbe ripartire verso la Terra usando i suoi motori, senza la necessità di una spinta maggiore fornita da un lanciatore.
Costi
I costi di partenza per un’impresa di questo tipo sono enormi e nell’ordine delle decine di miliardi di dollari, ma secondo Musk si ridurranno all’aumentare della produzione delle astronavi e degli altri componenti. Il costo di produzione del primo stadio è stimato intorno ai 230 milioni di dollari, per la cisterna saranno necessari 130 milioni e altri 200 milioni di dollari serviranno per costruire l’astronave. SpaceX potrà tenere bassi i costi, e di conseguenza i prezzi dei biglietti, se riuscirà a utilizzare molte volte i vari componenti del MV: l’astronave dovrà resistere ad almeno 12 viaggi, la cisterna a 100 e il primo stadio a mille. A queste condizioni, un viaggio verso Marte potrebbe avere un costo per l’azienda intorno ai 62 milioni di dollari, con la possibilità di portare sul pianeta circa 450 tonnellate di materiale ogni volta.
Tempi
Elon Musk è noto per essere un po’ troppo ottimista quando deve indicare i tempi per la realizzazione delle sue iniziative, anche se negli ultimi anni ha iniziato a dare scadenze un po’ più realistiche. Durante la sua presentazione ha detto che il nuovo sistema interplanetario potrebbe essere pronto per i primi test a partire dalla fine del 2018 e che i voli sperimentali verso Marte potrebbero iniziare già nel 2023, tra meno di sette anni. I tempi dovranno essere coordinati con quelli degli incroci più favorevoli tra l’orbita seguita dalla Terra e quella di Marte, per ridurre la durata dei viaggi e renderli sostenibili con il MV.
Cosa c’è già
SpaceX sta già lavorando ai test per il nuovo motore Raptor e pochi giorni fa ha eseguito con successo una prima accensione, durata pochi secondi ma sufficiente per proseguire con la messa a punto. L’azienda ha anche costruito un primo serbatoio sperimentale in fibra di carbonio, un pezzo di uno degli stadi del MV, ma lo sviluppo delle strutture di volo e di supporto sulla Terra inizierà nei prossimi mesi.
Cosa manca
Tutto quello che c’è intorno al MV non solo deve essere ancora costruito, ma in molti casi progettato. Ci sono un sacco di temi e aspetti che devono essere ancora affrontati e su cui Musk non ha dato dettagli: non sappiamo come sarà organizzata la prima colonia su Marte, quali sistemi potrà usare per vivere stabilmente sul pianeta e per espandere la colonia; non abbiamo informazioni su chi metterà i soldi per tutto questo oltre a SpaceX, anche se Musk ha parlato genericamente di interessi da parte di altre aziende e auspicato contributi dalle istituzioni pubbliche. Ma, soprattutto, non sappiamo quali sistemi ci saranno a bordo dell’astronave per proteggere i passeggeri dalle radiazioni cosmiche e per mantenerli in forma, considerato che vivranno in parziale assenza di gravità per mesi, se non per tutto il resto della loro esistenza.
Red Dragon
SpaceX ha un piano intermedio, per il breve periodo, che aiuterà a raccogliere dati e informazioni su viaggi spaziali verso Marte. L’azienda ha quasi completato la realizzazione del suo Falcon Heavy, una versione più potente del Falcon 9 che sarà utilizzata per inviare verso Marte la capsula spaziale Dragon 2, evoluzione di quella attuale utilizzata per il trasporto di merci verso la ISS. Il piano, in scala molto ridotta rispetto a quello annunciato ieri, rientra nelle missioni Red Dragon per testare sistemi di lancio e di atterraggio su Marte, con una prima missione in programma per i primi mesi del 2018.
È uno scherzo, vero?
Il piano di Elon Musk sta facendo molto discutere esperti e semplici appassionati dei viaggi spaziali, con polemiche che in un certo senso ricordano quelle che circolarono nei primi anni Sessanta, quando l’allora presidente John Fitzgerald Kennedy annunciò che gli Stati Uniti avrebbero portato l’uomo sulla Luna “entro la fine del decennio”. Quell’annuncio apparve a molti come una folle enormità, un piano irrealizzabile: eppure grazie a investimenti senza precedenti e alla dedizione di migliaia di scienziati, ingegneri e ricercatori nel luglio del 1969 Neil Armstrong scese una scaletta esplorando per la prima volta un mondo diverso dal nostro. L’idea di frontiera si spostò di colpo a quasi 400mila chilometri da noi, grazie a tecnologie che oggi ci appaiono rudimentali e quasi da incoscienti, a usarle per lasciare la rassicurante orbita terrestre.
Musk, ma non è il solo, pensa che sia arrivato il momento di spostare di nuovo la frontiera e di farla corrispondere a un piccolo punto nel cielo, lontano milioni di chilometri da noi e già oggi popolato da un nutrito gruppo di robot che abbiamo inviato in avanscoperta. Le conoscenze e le tecnologie di base per farlo ci sono già, ma sono comunque necessari molti soldi e investimenti per rendere concreto e fattibile il progetto. Nel mezzo potrebbero andare storte moltissime cose, con incidenti disastrosi e l’alta probabilità che muoiano molte persone durante lo sviluppo del nuovo sistema di trasporto o mentre i coloni costruiranno il loro primo avamposto marziano. Musk durante la presentazione ha detto che i primi equipaggi verso Marte dovranno essere pronti ad accettare il fatto che un’avventura così incredibile potrebbe anche essere la causa della loro morte, che non ci potranno essere ripensamenti.
“Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio e di impegnarci in altre imprese, non perché sono semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità”, disse nel suo famoso discorso Kennedy, immaginando che un giorno l’umanità non si sarebbe fermata alla Luna, ma si sarebbe spinta verso altri pianeti. Musk non è presidente degli Stati Uniti, non ha la Guerra Fredda, non ha le capacità retoriche di JFK, spesso balbetta e inciampa nelle parole, forse è un visionario, forse è completamente pazzo, ma crede in ogni numero del suo piano. Ora deve dimostrare che funziona.
E. Menietti, ll piano di Elon Musk per colonizzare Marte, "Il Post", 28-09-16.
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