L’Europa ripensa alla leva e l’Italia potrebbe essere costretta a seguirla per far fronte ai diversi contesti operativi in campo nazionale ed estero.
La legge Martino sospese il servizio di leva dal 1 gennaio 2005, seguendo un pensiero largamente condiviso in Europa svanita la minaccia sovietica. Erano gli anni in cui i grandi eserciti erano concepiti solo come dei costosi relitti della guerra fredda. Francia, Italia, Germania, decisero per la professionalizzazione delle forze armate. Nel 2010 anche il Parlamento svedese, sposò la linea della non più necessaria difesa su larga scala. Passano pochi anni e la coscrizione ritorna ad essere considerata non più un’idea dei nostalgici, ma un’esigenza. Il problema nasce dalle difficoltà riscontrate nella transizione ad una esclusiva forza di volontari. La cultura europea dell’arruolamento volontario è ben diversa da quella statunitense. Le stesse forze armate europee difficilmente riescono a competere sul mercato del lavoro, principalmente nei paese con un’economia sana che genera opportunità di lavoro. La Svezia, ad esempio, sta considerando l’opportunità di censire, a partire dal prossimo anno, tutti i diciassettenni arruolabili nel 2019. Il nuovo progetto, che attende il via libera dal parlamento, includerà le donne. Molti altri paesi europei stanno prendendo in considerazione tale opportunità. La Norvegia è il primo paese della NATO ad introdurre la coscrizione per le donne.
Per i francesi, una delle risposte al terrorismo, ormai concepito come minaccia universale e non localizzata, è il ricorso alla leva obbligatoria. Il progetto proposto, fortemente sostenuto dal Partito Socialista, prevede una formazione militare obbligatoria di sei mesi. La coscrizione in Germania è stata sospesa il 24 marzo del 2011. Soltanto cinque anni fa, il governo tedesco riteneva non più necessario il mantenimento di un grande esercito, svanita la minaccia sovietica. La coscrizione, prevista nella costituzione tedesca, può essere reintrodotta con una semplice legge approvata dal parlamento, anche se lo scorso giugno, il Ministro della Difesa Ursula Von der Leyen, ha negato tale possibilità. Nel pacchetto Civil Defense Concept di 69 pagine, si analizzano le misure precauzionali da attuare in presenza di minacce reali.
L’arruolamento obbligatorio è citato nel capitolo Civil support for the armed forces del documento e si focalizza sugli adempimenti obbligatori della Bundeswehr per difendere la frontiera esterna della NATO. Al culmine della guerra fredda la Bundeswehr annoverava, tra civili e militari, 670.000 unità. Attualmente, l’esercito tedesco è formato da 177 mila militari ed 87 mila civili. Aggirato, quindi, il limite imposto nel 2011 fissato a 185 mila unità. Anche considerando i tagli, la Germania possiede il secondo esercito d’Europa, dietro solo il Regno Unito. Berlino ha già dato il via libera al reclutamento di altri 14.300 soldati “per contrastare le minacce moderne in tutti i settori”. Il reclutamento sarà completato entro i prossimi sette anni. Il Ministero della Difesa tedesco ha già annunciato che il bilancio per la spesa militare crescerà dagli attuali 34,2 ai 39,2 miliardi di euro entro il 2020. Il primo step di 4.400 unità riguarderà in parte il personale civile che già presta servizio con le forze armate tedesche. L’idea per la nuova leva tedesca, prende spunto dal progetto destinato ai volontari attualmente in vigore: breve formazione iniziale di sei mesi e ventitré mesi di servizio attivo. Sul modello tedesco, potrebbe basarsi il progetto della leva obbligatoria italiana. Sei mesi di addestramento e possibilità di continuare il proprio iter militare partecipando ai concorsi. Ogni anno si addestrerebbero 500mila 18enni, donne comprese.Tra supporto logistico, difesa del territorio nazionale, gestione immigrati, rotazione delle truppe e missioni all’estero, l’Italia annovera 100 mila soldati tra uomini e donne su quindici brigate. La Lituania, che ha sospeso la leva nel 2008, ha reintrodotto il servizio lo scorso anno e per i prossimi cinque. L’intenzione del Parlamento è quella di rendere la coscrizione definitiva con la creazione di una seconda brigata. Quando i paesi dell'Unione Europea decisero di abbandonare l'arruolamento, alcuni dei problemi di oggi erano già prevedibili. In parte, l’esigenza di riportare in vigore la coscrizione, riflette la preoccupazione (reale o meno) delle nazioni baltiche per un attacco russo. Solo in parte dicevamo perché la necessità è ben stratificata. Gli attacchi terroristici hanno richiesto enormi risorse in termini di sicurezza (Francia) ed appurato le criticità nel numero del personale (Germania) nel gestire il costante flusso di rifugiati. C’è poi quel contributo europeo nella NATO, mai concettualizzato come militare, ma come un supporto logistico per la presenza in Europa degli Stati Uniti. Questi ultimi hanno incoraggiato le nazioni europee a costruire forze orientate verso missioni di proiezione come in Afghanistan, con l'invio di truppe lontane dai confini nazionali. Convogliando i fondi in questa direzione, la spesa militare interna è diventata opzionale. Oggi la coscrizione potrebbe diventare elemento vincolante per le società multiculturali in continua evoluzione. Fino a pochi anni fa, tali teorie venivano bollate come eretiche. Le esigenze attuali tra missioni all'estero, lotta contro lo Stato islamico in Siria ed Iraq, monitoraggio dei flussi dei rifugiati provenienti da tutto il Mediterraneo, supporto per gli alleati della NATO e future (reali o meno che siano), dovranno comunque confrontarsi con i bilanci europei destinati alla difesa, di gran lunga inferiori a quello degli Stati Uniti. Sulla carta, tutti i membri della NATO dovrebbero spendere il 2 per cento del PIL sulla spesa militare. Soglia chiaramente ipotetica. Ideale, per certi versi, ma solo in un paese con una forte e stabile economia. L’economia tedesca, ad esempio, non può attualmente garantire un investimento superiore all’1,2 per cento. Non avrebbe quindi senso riempire le caserme con migliaia di reclute senza poi fornire loro attrezzature e mezzi moderni. Per anni l’Europa si è crogiolata della presenza statunitense, a cui è stata affidata la “prima linea”, concepita tradizionalmente. Non aver previsto l’evoluzione di quella prima linea è stato un errore.
Franco Iacch, L'Europa ricorre alla leva e l'Italia potrebbe seguirla, "Il Giornale.it", 14-09-16.
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