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domenica 21 settembre 2014

Scuola: la realtà dietro le slide e gli annunci demagogici.

Certo sembra quasi beffardo quello slogan esposto su un enorme cartello all’esterno del Liceo di Scienze Umane “Alessandro Manzoni”: «L’arte di costruirsi il futuro». Perchè, appena entri e imbocchi il corridoio della presidenza, l’immagine che ti si para davanti sembra fare a pugni con quelle parole: l’aula magna trasformata in una classe, nella terza sezione «Au»: 42 studenti (40 ragazze e due ragazzi), quattro sono disabili, tutti sedicenni che lì dovrebbero studiare ma senza nemmeno un banco dove poggiare libri e quaderni, che cercano di ascoltare le spiegazioni di prof che, per forza di cose, devono urlare per farsi sentire da una parte all’altra dello stanzone e che provano a mettere in funzione una moderna “Lin”, la lavagna elettronica installata in fretta e furia tre giorni fa in un ambiente che, per sua funzione, è destinato ad altro.  

Eccola la classe più affollata d’Italia che non sembra nemmeno una classe, con le due uscite di sicurezza e le finestre spalancate, perchè qui è ancora estate e un caldo sciroccoso non se ne vuole proprio andare, ma anche «per ragioni di sicurezza» perchè 42 ragazzi sono, oggettivamente, troppi. Giuseppina Mannino, la preside di questo storico liceo che ebbe tra i suoi alunni Leonardo Sciascia e che solo in questo edificio ha 450 ragazzi divisi in due corsi di studio diversi, Scienze umane ed Economico-sociale, non aveva però scelta: o spostare la popolosa terza «Au» nell’aula magna dedicata ad un’altra delle glorie dell’istituto, Vitaliano Brancati che qui insegnò, oppure...  
Oppure nulla, perchè quella classe da 42 studenti non si può sdoppiare nonostante il buonsenso suggerisca altro: «E’ da luglio che scriviamo per chiedere una soluzione: ci hanno sempre risposto che il Dpr 81 non lo consente». Il Dpr 81 è una roba che il Ministero dell’Istruzione ha varato cinque anni fa e che, per formare le classi, stabilisce che bisogna tenere conto del «numero complessivo degli alunni iscritti indipendentemente dai diversi indirizzi e corsi di studio».  

Il problema è che gli alunni della terza «Au», che l’anno scorso erano in due diverse seconde, sono tutti di un unico indirizzo, quello di Scienze umane che una volta era il vecchio Magistrale: «Non potevo certo dirottare gli alunni nell’altro corso - dice la preside - perchè non avrei rispettato il diritto di scelta delle famiglie, già esercitato quando erano in prima». La scuola quest’anno ha perso tre classi, una prima, una seconda e una terza.  
Ma mentre in ognuna delle altre ci sono una trentina di studenti, nella terza è scoppiato il bubbone e, dunque, tutti nell’aula magna, seduti sulle poltroncine da conferenza con il mini-tavolino ribaltabile, e via alle lezioni: «Siamo disorientati - dice Angelo, uno dei due maschi della classe -. Spero proprio che ci dividano: non è una bella situazione». «Lei la definisce una lezione questa? - domanda Manuela che fa parte della Rete degli studenti medi -. E’ stressante, abbiamo difficoltà a sentire i professori. Il diritto allo studio ci spetta e lo vogliamo».  

Interviene la prof di matematica, Concetta Terrazzino: «E’ un incubo lavorare così. In un’ora siamo riusciti a fare solo un sistema di equazioni, immagino quando bisognerà correggere sul momento 42 compiti». Alla terza ora ecco arrivare il docente di scienze, uno dei pochi che padroneggia la “Lin”: «Qui non siamo all’università - dice il prof Antonino Laneri -. Dobbiamo poter fare lezione stabilendo con i ragazzi un rapporto personale, siamo educatori, così non è possibile seguirli uno per uno come dovrebbe essere». «Mi chiedo cosa vogliano fare della scuola pubblica - lamenta la prof di storia, Silvia Scoto -. Ogni governo che arriva dice che vuol cambiare tutto ma poi non cambia mai nulla. Anzi, le cose peggiorano».  

La preside, il presidente del Consiglio d’istituto, il consiglio di classe e un comitato spontaneo di genitori ieri hanno mandato una lettera-petizione al ministro dell’istruzione, alla Regione Siciliana, al prefetto e al sindaco di Caltanissetta, ai dirigenti dell’Ufficio scolastico regionale e di quello provinciale, per sollecitare una soluzione. Ma c’è scetticismo. Lo vedi negli occhi e nelle parole di Pia, sveglia alunna dagli occhi a mandorla anche se «io però sono nata qui»: «Anche noi alunni abbiamo scritto al provveditorato, ma nessuno ci ha mai risposto. Resteremo qui tutti insieme, purtroppo».  

Fabio Albanese, “Noi, stipati in 42 nell’aula magna senza sentire la voce del prof”, "La Stampa", 21-09-14.

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