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martedì 30 settembre 2014

Un modello di scuola: Eton (UK).

Tony Little
   
Il mondo è cambiato così tante volte dal 1440, quando Eton, la scuola superiore più esclusiva della Gran Bretagna, fu fondata da re Enrico VI. «Anche Eton è cambiata, naturalmente - spiega il suo rettore Tony Little - . Nessuna grande istituzione sopravvive, a meno che non si reinventi a ogni generazione. Chi visita Eton è consapevole della continuità e della tradizione, grazie agli antichi edifici e all’uniforme che indossiamo. Ma sotto traccia la scuola continua a evolversi». 

Perché questa scuola è così famosa in tutto il mondo? E perché è così difficile ottenere l’ammissione?  
«Perché è una buona scuola. E lo è per quattro ragioni fondamentali: intanto la tradizione. Se vivi e cresci in un luogo dove per 600 anni generazioni di ragazzi sono andati a fare cose interessanti, la generazione attuale si chiede: ”Perché non io?” Così si costruisce la fiducia nella capacità di raggiungere i propri obiettivi. Secondo: i ragazzi mi dicono che c’è una forte aspettativa di eccellenza tra loro. È interessante perché proviene dagli altri ragazzi, non solo dagli insegnanti. Inoltre vi si insegna una cultura che porta all’indipendenza intellettuale e alla fiducia nelle proprie idee, oltre al senso di appartenenza a una comunità. Infine, incoraggiamo i giovani a essere assertivi e dinamici, convinti di poter fare la differenza».  

Perché solo gli uomini?  
«In parte per tradizione, ma una scuola esclusivamente maschile ha dei punti di forza. Eton potrebbe diventare una buona scuola mista, ma sarebbe molto diversa».  

Ma il mondo è cambiato, ovunque la gente vuole la parità tra i sessi, no?  
«Le nuove scuole di New York, le Eagle Academies, sono riservate ai maschi».  

E le femmine?  
«Ci sono diverse scuole femminili eccellenti, e di solito tendono a essere più piccole. Ad esempio, la Wycombe Abbey School, con un altissimo rendimento scolastico». 

Avete buoni risultati accademici?  
«Non valutiamo gli studenti solo sulla base dei valori accademici».  

Quali sono gli altri criteri?  
«Cerchiamo tre aspetti. In primo luogo, che un ragazzo sia in grado di inserirsi nell’ambiente accademico. In secondo luogo, ci aspettiamo che chi viene qui abbia qualche abilità o interesse da condividere con gli altri. Potrebbe essere il clarinetto, o l’archeologia egiziana o il calcio. Se il ragazzo è interessato solo alla carriera scolastica non è adatto a compiere qui la sua formazione, almeno in generale. Infine chiunque arriva qui deve avere la forza emotiva per vivere lontano da casa per cinque anni, tra i 13 e i 18».  

Lei è arrivato la prima volta a Eton da studente, grazie al suo talento musicale. Com’è successo?  
«Fino al 1968 Eton aveva un coro scolastico per i bambini fino ai 13 anni. Io entrai nel’Eton Choir School ed ebbi la fortuna di essere selezionato per il College con una borsa di studio».  

In questi 12 anni da preside ha aumentato le borse di studio?  
«Attualmente abbiamo 250 ragazzi con un’assistenza finanziaria significativa. La media è di uno sgravio del 60% delle tasse, fino al 100%».  

Avete studenti da tutto il mondo?  
«La domanda internazionale è molto alta, ma siamo intenzionati a rimanere per lo più una scuola britannica: abbiamo tra il 10 e il 12% di studenti che provengono da tutto il mondo».  

Ci sono distinzioni di classe?  
«Vogliamo ragazzi che dimostrino carattere e capacità, qualunque sia il loro ambiente, etnia o religione. Abbiamo anglicani e cattolici e tutor per i musulmani, ebrei, indù e buddisti».  

Quanti ragazzi vanno all’università dopo il diploma?  
«Ogni anno ne escono 260 e la maggior parte va all’università. L’anno scorso abbiamo avuto 99 offerte da Oxford e Cambridge, 25 per la Ivy League e il resto da altre università britanniche».  

Le materie umanistiche sono ancora importanti in un mondo dove tanta attenzione è rivolta alla tecnologia?  
«Le quattro grandi aree tematiche che interessano ai ragazzi sono economia, storia, lingue moderne e scienza».  

Come formate le opinioni politiche dei giovani?  
«Incoraggiandoli a sviluppare un sano scetticismo: è importante avere l’abitudine di mettere in discussione».  

L’età dai 13 ai 18 anni è piuttosto difficile, come l’affrontate?  
«Il tempo impegnato dalle lezioni è minore rispetto a quello speso in altre attività. Per i ragazzi il fine dell’esperienza è l’educazione, non solo la formazione accademica. In primo luogo, i ragazzi imparano di più gli uni dagli altri che dagli adulti. In secondo luogo, imparano tanto fuori della classe, come in classe. Quindi, se l’istruzione avviene solo nelle ore di lezione hai perso enormi opportunità per aiutare i giovani a sviluppare una personalità strutturata, utile nella vita adulta».  

Gli adolescenti sono diversi oggi?  
«La natura umana non cambia molto. Siamo ancora guidati dagli stessi impulsi; l’amore, la paura, l’odio. Cambiano le abitudini: gli studenti oggi sono più consapevoli della competitività del mondo e quindi si applicano di più».  

Cosa insegna loro?  
«La funzione della scuola è creare buoni cittadini. È il motivo per cui le scuole esistono. Si potrebbe imparare sul libri stando a casa. Ma la scuola crea un ambiente in cui i giovani capiscono la società e vi trovano un ruolo».  

Il rettore della scuola superiore più esclusiva della Gran Bretagna, "La Stampa", 28-09-14. 

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Sotto, una serie di video sul college:




1 commento:

  1. Dovrebbero esserci istituti scolastici come Eton in tutto il mondo . È raro trovare una scuola che appoggia i ragazzi a coltivare i propri interessi anche se al di fuori dell'ambiente scolastico e che addirittura prenda in considerazione quegli stessi interessi come base per una formazione . Con istituti del genere l'istruzione verrebbe presa più seriamente ed avremmo più ragazzi diplomati e/o laureati anziché ritirati per la scarsa volontà di studio.

    Simone Atzu

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