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martedì 21 ottobre 2014

MSF. Millesima vita strappata a Ebola.



A raccontare la storia di James è il padre Alexander, promotore della salute per Msf, impegnato a settembre - quando la sua famiglia è stata colpita dal virus in Liberia - in visite ai villaggi lontano da casa per spiegare l'Ebola: come proteggere se stessi e le proprie famiglie, cosa fare alla comparsa dei sintomi, garantendo che tutti conoscessero il numero di Msf da chiamare in caso di necessità. La moglie non credeva alla pericolosità della malattia e non aveva voluto lasciare Monrovia con i bambini, come Alexander le aveva chiesto. La donna si era ammalata ed era morta. Stessa sorte era toccata al fratello di Alexander, infermiere che aveva curato la cognata. "Le mie due figlie più piccole sono state portate nel centro di Msf a Monrovia, ma erano molto malate e non ce l'hanno fatta. Mi sembrava di impazzire".

"Il maggiore dei miei figli, James - racconta Alexander - era ancora a Monrovia, nella casa di famiglia. Mi ha chiamato e mi ha detto: 'tutti si sono ammalati e io non so cosa fare'. Gli ho detto di venire a Foya per stare con me. Quando è arrivato, le persone del villaggio ci hanno allontanato. Dato che i nostri famigliari erano morti, mi hanno detto di portar via James. Ci siamo dovuti trasferire. La mattina seguente mio figlio sembrava più stanco del solito. Ero preoccupato. Non aveva i sintomi della malattia, sembrava solo stanco. Ho chiamato il numero d'emergenza per l'Ebola e Msf l'ha portato al centro di trattamento a Foya per fare il test che è risultato positivo". 

"Il giorno dopo gli psicologi di Msf mi hanno calmato, mi hanno detto di aspettare, di stare tranquillo. Ho potuto vedere James nel centro di trattamento da dietro la recinzione e gli ho detto: 'Figlio, sei la mia unica speranza. Devi avere coraggio. Devi prendere tutte le medicine che ti daranno'. Lui ha risposto: 'Papà, ho capito, lo farò. Smetti di piangere, non morirò, sopravvivrò all'Ebola. Le mie sorelle se ne sono andate, ma io sopravvivrò e sarai fiero di me'".

"Fino al giorno in cui l'ho visto uscire, non riuscivo a credere che sarebbe successo veramente. Ero così felice. L'ho guardato e mi ha detto 'Pa', io sto bene'. L'ho abbracciato. Molte persone sono venute a vederlo non appena è stato dimesso. Erano tutti così felici di vederlo fuori. Quando l'ho portato a casa ho deciso di fare una piccola festa per lui. Da allora, io e mio figlio facciamo tutto insieme. Dormiamo insieme, mangiamo insieme e conversiamo molto. Un giorno mi ha detto che vorrebbe studiare biologia e diventare un medico. Proprio così. Ora che mio figlio è guarito dall'Ebola - dice l'uomo - vivremo solo per noi due. Voglio fare tutto il possibile per far sì che realizzi i suoi sogni e possa avere successo nella vita".

Annuncio di MSF, Il diciottenne James Kollie è il 1000° paziente sopravvissuto all’Ebola, Rai News, 21-10-14.


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