Vladimir Medinsky, ministro della Cultura russo, appare sorridente davanti alle telecamere della tv di Stato, indossando la mantellina nera bordata di rosso del professore onorario e mostrando la sua «Ca’ Foscari Honorary Fellowship». Altro che un «pezzo di carta», per il ministro – uno dei più convinti sostenitori dell’annessione della Crimea e capofila della crociata putiniana contro i valori europei – è un trofeo. Anche se ha dovuto riscuoterlo nel suo ufficio di Mosca e non nell’aula magna dell’università veneziana: la notizia del conferimento di un titolo onorario a Medinsky ha provocato una rivolta tra i docenti e gli studenti dell’ateneo. La cerimonia sembrava rinviata, ma il 15 maggio il prorettore Silvia Burini è volata a Mosca per consegnare l’onorificenza al ministro, ufficialmente impossibilitato a visitare Venezia per «improvvisi impegni istituzionali».
Una vittoria di immagine per il governo di Mosca, che ha scatenato una guerra di Crimea a Venezia. Non solo perché Medinsky è un candidato discutibile: è l’autore di un documento-guida sulla «concezione statale della cultura» voluto da Putin, che dichiara che «la Russia non è Europa», e propone di limitare l’accesso alla cultura dell’Occidente «degradato» e «tollerante», opponendo al «multiculturalismo fallito» la gloria dei «valori tradizionali russi». Dei quali fa parte l’idea che il governo deve «scoraggiare» manifestazioni artistiche «contrarie ai valori russi» e anche «usare misure repressive». Dalle parole si passa ai fatti: pochi giorni fa il ministro ha licenziato il curatore russo della Biennale dell’architettura Grigory Revzin per le sue critiche all’annessione della Crimea.
Nazionalista, omofobo, ammiratore di Stalin (nei suoi libri difende il patto Molotov-Ribbentrop), il ministro ha anche un curriculum assai dubbio. Gli infaticabili di «Dissernet», che danno la caccia ai falsi dottori nella nomenclatura russa, hanno trovato numerosi esempi di plagio nei suoi scritti storici. Nominarlo professore onorario poteva essere una cortesia da parte di un ateneo che ha un centro di studio dell’arte russa, Csar, con ottimi legami a Mosca: ha ospitato l’ex first lady Svetlana Medvedeva, e alcune mostre sono state sponsorizzate da oligarchi filogovernativi. Ma la professoressa Burini (che dirige il Csar), pur ammettendo in un’intervista a Radio Liberty che l’onorificenza è un «atto politico», racconta ai media russi che i libri di Medinsky vengono studiati a Ca’ Foscari, e che la protesta contro la sua nomina in realtà si sarebbe limitata solo a pochi docenti «di quelli che contestano tutto», mentre gli studenti non avrebbero potuto esprimersi perché «non ci sono, le lezioni sono finite».
Una vicenda «vergognosa, che per cialtroneria, dei russi e degli italiani, sembra un pezzo della commedia dell’arte», dice la scrittrice Liudmila Ulizkaya, che ha firmato insieme a decine di intellettuali russi di prima grandezza una lettera aperta sul «caso Medinsky». A Venezia è bufera: le firme dei docenti e del personale di Ca’ Foscari contro la «Honorary fellowship» - conferita, ritirata e poi «consegnata all’insaputa di tutti, a domicilio come una pizza», commenta lo slavista Andrea Gullotta – sono ormai più di 230, e manifestazioni di solidarietà sono arrivate dai maggiori slavisti italiani come Serena Vitale e Gian Piero Piretto. Gli studenti che, secondo la Burini, «non ci sono» hanno firmato un appello a «riparare l’errore» e fare luce sulla procedura della nomina. Il ministro Medinsky a Mosca intanto festeggia: «Altro che sanzioni, l’Europa sta abbandonando la sua politica di tolleranza e ora vuole imparare da noi».
Anna Zafesova, E Ca' Foscari "laurea" (di nascosto) l'uomo di Putin. L’onorificenza consegnata a domicilio al russo Medinsky, ministro della Cultura. A Venezia rivolta di docenti e studenti, "La Stampa°", 18-05-14.
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