Inserire 55 definizioni d’autore: una gran bella idea hanno avuto alla Zanichelli i curatori dello “Zingarelli 2015”, edizione annuale del vocabolario pubblicato per la prima volta in volume nel 1922. Sono anche stati fortunati, perché come autrice della voce “esperimento” hanno scelto Fabiola Gianotti, e da qualche giorno Fabiola Gianotti è stata chiamata a dirigere il CERN, prima donna a guidare il più grande centro di ricerca del mondo in fisica delle alte energie.
L’esperimento è una domanda che l’uomo pone alla natura. Non conosco definizione migliore e più sintetica, ed è riconducibile – sia pure non letteralmente – a Galileo Galilei. Ma gli esperimenti di Galileo erano una pietra che cade, un lampadario che oscilla, una lente che concentra la luce. Fabiola Gianotti ha contribuito alla scoperta della “particella di Higgs” con un esperimento chiamato Atlas che occupa il volume di un grande edificio, pesa 7000 tonnellate e per funzionare ha bisogno di un anello di magneti lungo 27 chilometri scavato a 100 metri di profondità nel sottosuolo alla periferia di Ginevra.
Galileo vedeva e toccava i risultati dei suoi esperimenti: in quel tempo scienziato e realtà della natura erano a contatto diretto. Fabiola Gianotti e i 2000 colleghi che con lei hanno realizzato Atlas devono invece accettare molte mediazioni: i protoni che fanno scontare (ovviamente invisibili, come tutti gli “oggetti” della fisica moderna), le miriadi di particelle che i protoni generano nei loro urti, i rivelatori di queste particelle, il software che, girando su centinaia di computer cerca i rari eventi significativi nel groviglio di eventi estranei, infine l’interpretazione di questi eventi tentata partendo dalla teoria che l’esperimento voleva mettere alla prova.
In sostanza, la scienza contemporanea ha dovuto inserire molti diaframmi tra lo scienziato e la realtà, tra l’osservatore e l’osservato, e ciò ha reso molto più problematico il concetto di esperimento. L’esperimento è ancora una domanda che l’uomo pone alla natura, ma la risposta non è più diretta e l’interpretazione assume una importanza decisiva. Tanto che tuttora i fisici più prudenti parlano di una particella “compatibile con il bosone di Higgs” benché siano passati più di due anni dall’annuncio della sua scoperta e nel frattempo Peter Higgs e François Englert siano passati per Stoccolma a ritirare il premio Nobel.
Tutto ciò rende particolarmente interessante la definizione di esperimento che Fabiola Gianotti ha dato nello “Zingarelli 2015”. Eccola: “Sembra una parola lontana, appartenente all’ambiente ristretto del mondo scientifico. Eppure è così vicina alla vita di tutti i giorni. Facciamo esperimenti in ogni momento della nostra vita, quando ci cimentiamo con una nuova ricetta in cucina, mettiamo alla prova la fedeltà di un amico, assaggiamo un chicco d’uva dal fruttivendolo. Sperimenta un bimbo appena nato che ha i primi contatti con il mondo, e continuiamo a voler sperimentare alla fine della nostra vita quando, chiudendo gli occhi, ci chiediamo come sarà il ‘dopo’. Per me, personalmente, in quanto fisico, l’esperimento rappresenta il mio approccio con le meraviglie della natura e il modo per appagare la mia curiosità e la mia sete di conoscenza.”.
E’ una definizione che riporta alla quotidianità e alla concretezza del proverbiale “uomo della strada” e che, anche nel caso dello scienziato, ricupera l’essenzialità dell’interrogazione alla natura guidata dalla curiosità, lasciando ai filosofi e specialmente agli epistemologi i problemi che accompagnano le risposte.
Tutte le “voci d’autore” dello “Zingarelli 2015” si prestano ad analisi interessanti. Luca Cavalli-Sforza ha scritto una definizione di “vita” strettamente riduzionista ma senza dubbio essenziale: è vita “la capacità di riprodurre altri individui praticamente identici a se stessi. Questo meccanismo è governato da una molecola di cui esiste una moltitudine di tipi diversi, capaci di produrre altre cellule di pari complessità.” Piergiorgio Odifreddi parla del “numero” come del principio cosmico: “è la misura di tutte le cose, e permette di descrivere quantitativamente la natura… Sia l’uomo che le cose sono radicati nel numero, che costituisce la trama in cui è tessuto l’universo.” Vincenzo Balzani ci ricorda i nostri limiti: “… dell’energia sappiamo tutto, ma non sappiamo dire che cos’è: se non che è un qualcosa di natura universale che appare in forme materiali e immateriali e non si può ridurre a nulla di più elementare”.
L’astronauta Luca Parmitano definendo lo “spazio” si avventura tra filosofia e autobiografia: “Lo spazio contiene tutto ciò che esiste o non esiste, il comprensibile, l’immaginabile, e quel che per nostri limiti non riusciamo a immaginare. Il nero dello spazio non è un colore: è l’assoluta assenza di colore. La luce, colta lì dove sorge, è di una purezza ineguagliabile, onnicomprensiva, incomprensibile…”.
L’ultima frase di Parmitano ci fa ricordare che il 2015 sarà per decisione dell’Unesco l’“Anno Internazionale della Luce”. La definizione di questa parola è stata affidata non a uno scienziato ma allo scrittore Antonio Moresco, che dopo lo scontato richiamo biblico elude il compito con un’acrobazia linguistica: “…se fossi la luce non mi vedrei. Mentre se fossi il buio non potrei vedere niente che non sia luce, e sarei la luce.”
Il gioco elegante delle voci d’autore non deve però far tralasciare lo straordinario valore dello “Zingarelli 2015” curato da Mario Cannella e Beata Lazzarini: 144 mila voci con 380 mila significati, 500 nuove parole (tra le quali selfie), 2690 pagine e una versione digitale che contiene, oltre al vocabolario, l’Enciclopedia Zanichelli con 70 mila voci aggiornate all’aprile 2014, il Tommaseo-Bellini e l’analizzatore morfologico. L’editore Zanichelli, gloria della cultura bolognese e italiana, mette tutto ciò nelle vostre mai al prezzo di 81 euro, volume e dvd.
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