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giovedì 8 gennaio 2015

La vera 'buona scuola'.

Studenti che danno gratuitamente lezioni ad altri studenti, per aiutarli a recuperare le lezioni di latino e matematica e impedire che vengano bocciati: è stata questa la ricetta di successo del liceo statale di scienze umane “Pertini” di Genova. Un progetto di tutoraggio svolto al pomeriggio, dopo le regolari lezioni, ribattezzato “Materie all’opera”, che ha permesso a 311 studenti su 774 non solo di superare interrogazioni e compiti in classe, ma soprattutto «di ritrovare passione per lo studio e per la scuola» spiega a tempi.it Elisabetta Battista, docente di Scienze umane dell’istituto ligure e artefice del progetto. La professoressa e le persone coinvolte nel progetto hanno svolto uno studio che permette di capire meglio il senso di “Materie all’opera”: fino al 2013, l’anno precedente all’istituzione del “tutoraggio autogestito” degli studenti, il 51 per cento degli iscritti al liceo prendeva lezioni private (la maggioranza almeno due ore alla settimana), con una spesa complessiva, che ricadeva sulle famiglie, di 322 mila euro. Le 1.017 ore di recupero svolte con “Materie all’opera” hanno permesso di risparmiare gran parte di quella somma.

IL “PRIMINO” FAN DI SPINOZA. Al progetto hanno collaborato 24 studenti come tutor, 91 come “tutee” (i destinatari delle lezioni) e altri 72 ragazzi che hanno fatto sia da “insegnanti” che da studenti: alunni di tutte le età, dal primo al quinto anno di liceo. «Le materie più richieste sono state matematica, latino, storia e inglese. Si sono ridotte dell’8 per cento le bocciature e dell’11 per cento i debiti formativi: un risultato inaspettato dato che la scuola era in crescita» racconta ancora Battista. «Non necessariamente i più grandi davano le lezioni ai più piccoli. Si è lavorato molto anche attraverso la capacità e le passioni di chi si proponeva come tutor. E sono successi vari fatti che hanno colpito molto noi stessi insegnanti». La professoressa cita l’esempio di «Moreno, 14 anni, appassionato di filosofia, in particolare di Spinoza, che ha dato lezioni a una compagna di quinta, Noemi, che aveva chiesto aiuto per prepararsi alle interrogazioni. Lei è uscita dal laboratorio di tutoraggio felice: “Ho capito finalmente Spinoza”. In effetti l’interrogazione poi è andata bene».

LA RISCOPERTA DELLA SCUOLA. Battista sottolinea che con questo progetto di tutoraggio, uno dei primi se non l’unico nella scuola statale italiana, «abbiamo dato una chance a ragazzi che non erano nella possibilità economica di pagarsi delle lezioni private, e che rischiavano di essere bocciati. Ma è servito soprattutto per riscoprire la scuola come un luogo di riferimento. Sono stati diversi gli studenti pronti ad abbandonare gli studi, nel cosiddetto fenomeno della “dispersione scolastica” che segue a varie bocciature. Invece il fatto di ritrovarsi ad imparare, e di farlo insieme ad altri coetanei, è servito a creare una piccola comunità».

PROFESSORI GELOSI. Non da tutti però il progetto è stato compreso, nemmeno da molti degli stessi docenti del liceo Pertini. Racconta Battista: «Abbiamo dovuto tenere anonimi i ragazzi che si erano prestati a fare da tutor. A volte, addirittura, se passava qualche collega nei dintorni, li abbiamo dovuti nascondere in biblioteca, perché non fossero visti. Se i loro professori scoprivano che venivano a studiare a scuola e davano lezioni ad altri alunni, l’indomani li interrogavano spremendoli. Spesso ho sentito colleghi borbottare contro i tutor, che per alcuni miei colleghi venivano a scuola solo a “pascolare”». La professoressa lo chiama «il paradosso della scuola»: alcuni colleghi, spiega, «si sentivano defraudati del loro ruolo. Non comprendevano che i ragazzi che partecipano al progetto non si sostituiscono affatto agli insegnanti. Aiutano semplicemente i coetanei a ritrovare un metodo di studio personale, facendo leva su una “lingua comune” degli adolescenti, fatta anche di passione. Ecco cos’è “Materie all’opera”».
Quest’anno il progetto si ripete. Si chiama Di.sco.lo, e finalmente altri docenti si sono voluti avvicinare: è stato creato uno “sportello” per i tutor, che avranno a loro disposizione anche insegnanti di tutte le materie, disponibili a dare consigli.


IL MAESTRO E GLI “SCARTI”. «È stata un’esperienza didattica e umana affascinante», racconta Battista. E tutto è nato da un’idea, prosegue, che le è venuta in mente tra i banchi di scuola. «L’anno scorso quattro alunni di quinta hanno improvvisamente deciso di mollare. Io allora ho raccontato loro due storie realmente accadute a Bari, la mia città di provenzienza. Una era quella di un maestro elementare. Dopo 50 anni i suoi vecchi studenti lo avevano cercato perché sentivano il desiderio di rivederlo. Ne abbiamo parlato in classe, i ragazzi si sono molto interrogati sul perché quegli alunni dopo mezzo secolo cercassero il loro maestro di prima elementare. Così ho iniziato a lavorare con i miei quattro alunni, abbiamo fatto una ricerca storica tra materiali d’archivio e interviste. I ragazzi hanno intervistato questi ex studenti, che hanno spiegato che la loro classe, nel 1959, era considerata quella degli “scarti”, perché tutti loro erano bambini di famiglie povere destinati a lavorare nei campi. Quel maestro era stato l’unico, nella loro vita, a trattarli con dignità, anche se per un solo anno, perché poi era stato trasferito. Ecco perché lo avevano cercato. I miei alunni hanno proseguito gli studi, ma hanno anche voluto approfondire il lavoro insieme a me, hanno steso un romanzo storico. Poi quel testo è diventato un musical in cui hanno recitato anche altri studenti. Due settimane fa lo abbiamo messo in scena per la prima volta al carcere Marassi di Genova. Volevo che i miei alunni vivessero l’esperienza di andare oltre i pregiudizi: così hanno incontrato il direttore del carcere, si sono trovati a fare le prove generali a Marassi. Hanno conosciuto persone andando al di là di quello che avevano fatto e del perché fossero detenute. Una di quei primi quattro studenti, Giulia, anche se iscritta all’università ha voluto aiutarmi nel progetto di tutoraggio. Lo fa con passione».

«IN DEBITO CON I MIEI STUDENTI». Lo stesso amore per la scuola che Battista vive in prima persona. «Svolgere delle attività extrascolastiche del genere succhia molte energie. Spesso ho dovuto mettere in secondo piano anche la mia famiglia. Perché lo faccio? Anche io come Giulia, quando ero adolescente, ho vissuto un momento di crisi. Un’insegnante illuminata mi ha preso per mano e mi ha fatto scoprire quanto sia bella la scuola, o almeno un certo modo di fare scuola. È come se avessi un debito perenne nei suoi confronti. Inoltre ho avuto un grosso problema di salute, qualche anno fa. Non camminavo più. Chi mi ha presa letteralmente in braccio tra le corsie di un ospedale e mi ha fatto tornare a camminare sono stati alcuni miei ex alunni: questo è un altro grande debito che vorrei colmare».


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